XXVII Domenica del Tempo Ordinario
È un male molto diffuso tra i credenti quello di considerare la fede come un atteggiamento puramente intellettuale, come la semplice accettazione di alcune verità. Cioè una fede che si traduce in una presa di posizione teorica, senza una vera incidenza sulla vita. Questo squilibrio ha come conseguenza lo scandalo della croce: l’esitazione davanti alle difficoltà che incontriamo ogni giorno e che sono sovente insormontabili se noi non siamo abbastanza radicati in Dio. Allora ci rivoltiamo con la stessa reazione insolente e insultante che scopriamo nelle parole del libro di Abacuc.
Le due brevi parabole del testo evangelico ricordano due proprietà della fede: l’intensità e la gratuità. Per mettere in rilievo il valore di una fede minima, ma solida, Cristo insiste sugli effetti che può produrre: cambiare di posto anche all’albero più profondamente radicato. Per insistere sulla fede come dono di Dio, porta l’esempio del servitore che pone il servizio del suo amore prima di provvedere ai suoi propri bisogni. È l’esigenza del servizio del Vangelo che ci ricorda san Paolo (1Tm 1,1), ma questo stesso apostolo ci avverte che “i lavori penosi” trovano sempre l’appoggio della grazia di Dio.
Liturgia della Parola
Prima lettura Dal libro del profeta Abacuc (Ab 1,2-3;2,2-4)
Il giusto vivrà per la sua fede.
Salmo Responsoriale (Sal 94)
Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore.
Seconda Lettura Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo (2Tm 1,6-8.13-14)
Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,5-10)
Se aveste fede!