XX Domenica del Tempo Ordinario
In natura, non ci può essere vita senza nutrimento. Il cibo, di origine vegetale o animale, di cui ci nutriamo, è stato vivente prima di essere consumato per mantenere in vita un altro essere, cioè noi.
Oggi, nel brano del Vangelo secondo Giovanni, Gesù affronta questo dato di fatto essenziale della nostra condizione umana, rovesciandone l’ambito di applicazione: noi dobbiamo nutrirci di lui stesso, della sua carne e del suo sangue, se vogliamo cominciare a conoscere la pienezza della vita. Mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue, noi ci nutriamo come non si potrebbe fare nell’ambito fisico.
Noi viviamo così per sempre: il cibo è diverso, così come diversa è la vita che esso ci dà. Questo nuovo tipo di cibo ha, sul credente, un effetto immediato (“ha la vita eterna”) ed è, nello stesso tempo, una promessa per il futuro (“e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”).
Quando ci nutriamo del cibo naturale, siamo integrati nel ciclo biologico; per mezzo della trasformazione delle leggi biologiche, invece, riceviamo la vita divina, siamo introdotti nella vita stessa di Dio. Come ciò che mangiamo e beviamo, assimilato, diventa parte di noi, così, ricevendo nel sacramento la carne e il sangue di Cristo, veniamo “incorporati” in lui.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura: Dal Libro dei Proverbi (Pr 9,1-6)
Mangiate il mio pane, bevete il vino che vi ho preparato.
Salmo Responsoriale (Sal 33)
Rit: Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Seconda Lettura: Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 5,15-20)
Sappiate comprendere qual è la volontà del Signore.
Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58)
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
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