XXX Domenica del Tempo Ordinario
La parola del Signore che ci invitava, domenica scorsa, a perseverare nella preghiera – Dio ascolterà coloro che perseverano nella loro preghiera – risuona ancora alle nostre orecchie mentre il testo evangelico di oggi completa l’insegnamento sulla preghiera: bisogna certamente pregare, e pregare con insistenza. Ma questo non basta, bisogna pregare sempre di più. E il primo ornamento della preghiera è la qualità dell’umiltà: essere convinti della propria povertà, della propria imperfezione e indegnità. Dio, come ci ricorda la lettura del Siracide, ascolta la preghiera del povero, soprattutto del povero di spirito, cioè di colui che sa e si dichiara senza qualità, come il pubblicano della parabola.
La preghiera del pubblicano, che Gesù approva, non parte dai suoi meriti, né dalla sua perfezione (di cui nega l’esistenza), ma dalla giustizia salvatrice di Dio, che, nel suo amore, può compensare la mancanza di meriti personali: ed è questa giustizia divina che ottiene al pubblicano, senza meriti all’attivo, di rientrare a casa “diventato giusto”, “giustificato”.
Liturgia della Parola
Prima lettura: Dal libro del Siracide (Sir 35,15-17.20-22)
La preghiera del povero attraversa le nubi.
Salmo responsoriale Sal 33)
Rit: Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Seconda lettura: Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo (2Tm 4,6-8.16-18)
Mi resta soltanto la corona di giustizia.
Vangelo secondo Luca (Lc 18,9-14)
Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.