II DOMENICA DI QUARESIMA
La trasfigurazione occupava un posto importante nella vita e nell’insegnamento della Chiesa primitiva. Ne sono testimonianze le narrazioni dettagliate dei Vangeli e il riferimento presente nella seconda lettera di Pietro (2Pt 1,16-18).
Per i tre apostoli il velo era caduto: essi stessi avevano visto ed udito. Proprio questi tre apostoli sarebbero stati, più tardi, al Getsemani, testimoni della sofferenza di nostro Signore.
L’Incarnazione è al centro della dottrina cristiana. Possono esserci molti modi di rispondere a Gesù, ma per la Chiesa uno solo è accettabile. Gesù è il Figlio Unigenito del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. La vita cristiana è una contemplazione continua di Gesù Cristo. Nessuna saggezza umana, nessun sapere possono penetrare il mistero della rivelazione. Solo nella preghiera possiamo tendere a Cristo e cominciare a conoscerlo.
“È bello per noi stare qui”, esclama Pietro, il quale “non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento”. La fede pone a tacere la paura, soprattutto la paura di aprire la nostra vita a Cristo, senza condizioni. Tale paura, che nasce spesso dall’eccessivo attaccamento ai beni temporali e dall’ambizione, può impedirci di sentire la voce di Cristo che ci è trasmessa nella Chiesa.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima lettura: Dal libro della Genesi (Gen 22,1-2.9.10-13.15-18)
Il sacrificio del nostro padre Abramo.
Salmo Responsoriale (Sal 115)
Rit: Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
Seconda Lettura: Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,31-34)
Dio non ha risparmiato il proprio Figlio.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l’amato.
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