In una lettera inviata a tutto il popolo di Dio, il Cardinale Vicario Angelo De Donatis, ci invita a ritornare nella nostra Galilea per riprendee il cammino. Alla fine dell’articolo è possibile scaricare la versione integrale del documento.
“Il cammino della nostra diocesi potrà precisarsi così come un servizio alla ripresa della vita, alla fecondità delle relazioni familiari, all’integrazione di un significato evangelico delle cose che renda l’esistenza più umana e più aperta sul futuro di Dio.
Lo possiamo pensare a tre cerchi concentrici:
Primo cerchio: in esso c’è la nostra famiglia, la nostra prima Galilea. Continuiamo a condividere tra di noi sentimenti, pensieri, preoccupazioni: mettendoci in mezzo anche i pensieri e le parole che sono Parola di Dio. Sarebbe bello di iniziare questo ascolto e condivisione nei nostri presbiteri parrocchiali. Ogni parrocchia cercherà di offrire alle famiglie del materiale (scelta di testi biblici, preghiere e altro) per aiutare a vivere questi momenti in famiglia. Servirà avere intelligenza e creatività: occorre preparare bene questo materiale. Non dovrà essere pura fotocopia del catechismo o del messalino. Non dovremo necessariamente dare per presupposta la fede: servirà accompagnare e favorire un incontro tra le famiglie e il Signore, prestando orecchio alla concretezza delle varie realtà familiari. Accanto a situazioni di familiarità ritrovata, troveremo anche tensioni e difficoltà acuite e forse anche aggravate da spazi abitativi ristretti o dalla presenza in casa di ammalati o di persone difficili. Chi si trovasse in un momento di difficoltà, anche economica, sia incoraggiato a chiedere aiuto al parroco; chi può aiutare, non si dimentichi di quelli della porta accanto o dei poveri del quartiere: in questo caso, anche offrendo un contributo alimentare o economico.
Secondo cerchio: l’équipe pastorale riprende il suo cammino e il primo passo consisterà nell’ascolto reciproco tra i membri dell’équipe stessa, sacerdoti compresi. Condividiamo le nostre storie, in modo particolare come abbiamo vissuto e come cerchiamo di affrontare questa situazione in cui ci troviamo, sempre esercitiamoci nell’ascolto contemplativo: dove è il Signore Risorto in questo momento? Cosa sta facendo nelle nostre vite e in quelle delle persone del nostro quartiere? Come abbiamo visto presente e alimentata la speranza, dentro e fuori la Chiesa? Cosa tutto questo sta dicendo a noi, comunità cristiana? Verso dove ci chiede di andare? Da dove possiamo ripartire? Quale futuro ci si prospetta davanti e come possiamo contribuire a realizzarlo?
Cominciate leggendo insieme questa lettera. Per le prossime settimane la Diocesi vi invierà delle schede utili per il confronto in équipe (una all’inizio del mese di maggio, un’altra prima di Pentecoste e una terza dopo). Questo materiale, insieme al sussidio biblico consegnato all’inizio dell’anno sul grido della città, potranno accompagnare questa fase della vita delle comunità parrocchiali, e sarà utile non solo per il lavoro delle équipe ma per la riflessione e la preghiera di tutti. Individuate magari alcune proposte che potrebbero interessare anche tutte le altre equipe e tutte le altre comunità della diocesi: è importante che condividiamo le ispirazioni che lo Spirito Santo ci donerà e che ci aiutiamo a riconoscere la Sua voce.
Terzo cerchio: con l’aiuto delle équipe creiamo altri luoghi/occasioni per permettere alle persone di raccontare questo tempo della loro esistenza, per poterne insieme fare una lettura che dal riconoscimento e dall’accettazione arrivi fino a una prospettiva esplicita di fede. Lo spazio delle piattaforme internet sarà (almeno all’inizio) l’unico luogo possibile, ma progressivamente che riprenderemo ad incontrarci fisicamente con tutte le necessarie misure di sicurezza, cercheremo di realizzare questo ascolto nelle case o in parrocchia: i catechisti con i genitori dei loro bambini e con i bambini stessi, gli animatori con i ragazzi e i giovani del quartiere (non solo quelli del proprio gruppo; ad esempio i professori di religione possono invitarvi ad una loro lezione in internet), i volontari con le persone in povertà (nel frattempo già molto aumentate), i malati e gli anziani in casa. Ascolti individuali o in piccolissimi gruppi, dove la Chiesa può esprimere la sua vicinanza a tutti e l’incoraggiamento attraverso la condivisione della fede e della speranza. Andranno evitati moralismi, spiritualismi, materialismi, cortocircuiti tra fede e vita. E, nondimeno, potremo leggere le nostre storie, a volte misere, in una trama che è certamente di redenzione, cioè di Pasqua. C’è un bagliore di fuoco che distrugge la notte: l’infinita carità di Cristo, la misericordia del Padre. È lui il punto che comprende, regge e sana ogni cosa.
Vi raccomando la prossimità a chi è nel dolore e nella paura perché ha perso tutto. Se la Chiesa è assente in questo momento (perché pensa solo ai “suoi”) difficilmente meriterà di essere ascoltata quando parla di Vangelo. Sono sicuro che ci meraviglieremo di come tanta gente, magari non praticante, abbia provato una profonda “nostalgia di Dio”, anche solo sentendosi coinvolta da alcuni segni: il Papa solo in piazza San Pietro, il Crocifisso di San Marcello, la Salus Populi Romani, la via Crucis nella piazza deserta, una vicinanza delle loro parrocchie via internet mai prima così sperimentata.
Molta gente ha percepito, attraverso quel che è successo a causa della pandemia, che c’è qualcosa dentro di loro che va aldilà dei limiti della loro persona: ha avuto coscienza di non essere sola, o ha perlomeno sperato che l’angoscia del mondo sia abbracciata da un’infinita misericordia e benevolenza, che la investe con uno scopo. Siamo chiamati ad essere il segno, povero e modesto ma concreto, di questa misericordia.
Siamo stati colpiti e nutriti nel profondo dal coraggio e dalla abnegazione del personale sanitario, compresi i cappellani ospedalieri, come anche dalla gara di solidarietà che si è mossa a tutti i livelli per aiutare i più poveri.
Quando potremo ritornare alla normale vita parrocchiale, alle liturgie domenicali con il concorso di tutto il Popolo di Dio? Per adesso non siamo in grado di prevederlo, possiamo solo sperare che avvenga al più presto.
Vi invito a non aspettare da inerti questo momento, ma in un certo senso ad anticiparlo: come le donne nel Sabato Santo, come Israele nella veglia di Pasqua. Nei modi che ci sono possibili (e sono tanti) continuiamo la missione di evangelizzare e servire i nostri fratelli, di comunicare loro la speranza del Vangelo, a partire da una crescita interiore, nostra, che vada di pari passo, che ci riguarda e che non possiamo trascurare.
Scarica qui la lettera nella versione integrale