XXIII Domenica del Tempo Ordinario
Un sordomuto. Assomiglia molto a noi, quando siamo nel peccato.
Possiamo avere accanto Dio, che ci sussurra le parole più dolci e imperiose. Non lo sentiamo. Possiamo aver vicino le persone più acute e più buone, che desiderano aiutarci. Non prestiamo attenzione. O passiamo davanti a chi ha bisogno di un conforto, di una speranza. È come se fossimo soli al mondo, chiusi nel nostro egoismo.
Ma se il sacramento di Cristo ci raggiunge… Può essere la Chiesa che battezza o ci offre il perdono a nome del Signore Gesù. Le dita, la saliva, l’“apriti” possono essere l’acqua o la mano benedicente che si leva su di noi: “Io ti battezzo”; “Io ti assolvo”.
Allora avviene nuovamente il “miracolo”.
Diventiamo capaci, per grazia, di udire le consolazioni e i suggerimenti e gli imperativi di Dio. Diventiamo capaci di rispondergli con la preghiera e con la vita.
E il prossimo è colui che dev’essere ascoltato e confortato. Nasce la fraternità.
Se ci lasciamo salvare dal Signore. Se aderiamo a lui con tutte le forze.
Liturgia della Parola
- PRIMA LETTURA Dal Libero di Isaia (Is 35,4-7)
Si schiuderanno gli orecchi dei sordi, griderà di gioia la lingua del muto. - Salmo Responsoriale (Sal 145) Rit: Loda il Signore, anima mia.
- Seconda Lettura Dalla lettera di san Giacomo apostolo (Gc 2,1-5) Dio non ha forse scelto i poveri per farli eredi del Regno?
- Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7,31-37) Fa udire i sordi e fa parlare i muti.
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